Elsewhere Here

Quatrième Paysage

Ottobre 1-20.2021

Il capannone che ci ospita fiancheggia, da un lato, edifici a lui del tutto simili: sagome monotone industriali formano quella che su Google Maps sembra un’isola geometrica, composta da figure primitive in mezzo al verde poco definito.

Sull’altro lato del capannone scorre il Savena, torrente che segna pigramente l’inizio di un’altra operosità, quella agricola, costeggiato dalla nuova pista ciclabile (costruita, probabilmente, per incoraggiare il cittadino alla scoperta della zona).

Alle mappe del cellulare sfugge però un nastro di terra, largo al massimo due metri, che striscia, per tutta la lunghezza del territorio, in mezzo alle due attività antropiche principali.

La striscia di terra in questione non ha alcuna funzionalità assegnata: è uno spazio superfluo, residuo. Rappresenta il tipo di paesaggio “a proposito del quale non è stata presa una decisione” e che “non appartiene né al territorio dell’ombra né a quello della luce, si situa ai margini”, per dirla con le parole di Gilles Clément, biologo, scrittore e paesaggista francese.

Proprio dal testo/manifesto di Clément, Terzo paesaggio, origina il ragionamento di Quatrième Paysage. Il duo artistico di Venezia elabora visivamente questo “altrove” paesaggistico trasportandolo in un ambiente nuovo, digitale. Il paesaggio digitale viene inteso dagli artisti come una dimensione onnipresente, che attraversa non solo il mondo attorno a noi ma anche i nostri stessi corpi, e grazie a questa ubiquità ha il potere di rendere un luogo lontano e “alieno” immediatamente prossimo.

Prende così forma Elsewhere Here, la prima personale del collettivo, che diventa uno spazio altro, un “quarto paesaggio” dove non esiste più opposizione tra reale e virtuale, umano e non umano.

La mostra si sviluppa in due luoghi (TIST e Adiacenze) e in due tempi (ottobre e novembre), distribuendo tra la periferia e il centro città parti del lavoro, differenti ma comunicanti e complementari.

La prima parte esposta a TIST esplora i limiti – “interfacce, canopee, limitari, margini, bordure” – e osserva come questi ecosistemi, in assenza di alcun intervento umano, diventino rifugi per la biodiversità, peculiare e spesso invisibile.

L’installazione Deprofundis trasforma un territorio marginale in un ambiente sottomarino, onirico, dove il concetto di natura si apre ai residui dell’attività umana, scoperti in loco, e li accoglie alla pari delle specie viventi, creando una interconnessione sensibile, delicata, ambigua.

Il ruolo del visitatore stesso diventa incerto: siamo invitati ad attraversare la struttura al centro della stanza e a prendere coscienza del nostro operato (in quanto umani) ma senza ricorrere all’abituale meccanismo del senso di colpa “ecologista”, che qui diventa una imposizione, arrogante e sterile.

Quatrième Paysage, infatti, propone una rilettura in chiave artistica del rapporto Terra-uomo nel tentativo di ricollocare il genere umano nella biosfera, privandolo del suo status privilegiato rispetto agli esseri non umani con cui convive quotidianamente. Questo pensiero si ispira alla voce di Timothy Morton, filosofo inglese che ha stravolto il modo di pensare all'ambiente.

Il progetto multimediale Leaves of Grass, invece, vive e cresce unicamente nella nostra assenza. Tramite una peculiare interazione caratterizzata da un innesco provocato dalla mancanza del fruitore, fili d’erba di consistenza numerica si animano, evolvendo verticalmente. Tale processo si interrompe e regredisce nell’istante in cui la figura dell’umano diventa troppo ingombrante.

Il lavoro multimediale Altrove si sviluppa nel giardino e negli spazi limitrofi a TIST. È una presenza invisibile ma vigile, un occhio e un orecchio che osservano e memorizzano ciò che spesso viene trascurato.

Il risultato di questa visione, nata in periferia, sarà proposto ad Adiacenze, situata in centro-città. Altrove, così come l’intero progetto Elsewhere Here, mira a far vacillare la dicotomia dietro la nozione periferia-centro, a rompere le strette maglie urbane e a costituire un nuovo territorio per la diversità del sistema dell’arte.

testo di Yulia Tikhomirova

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